Il tempo di una bevuta

Il tempo di una bevuta

Siamo degli ubriaconi ormai non ho alcun dubbio. Beviamo ogni intruglio che ci viene propinato. E siamo talmente avvezzi a bere qualunque cosa che non ne subiamo più gli effetti collaterali. Neanche un malditesta, un mal di stomaco, una notte insonne. Anche la nostra coscienza si è annullata. Non elaboriamo più le informazioni e assorbiamo qualunque notizia opportunamente lavorata per essere trasformata in un evento mediatico; ma siamo comunque bravi a limitare la nostra empatia con le notizie fino a quando non cambiamo canale o spegniamo la tv.

Il sistema informativo riesce a pilotare la nostra mente così da ricevere un’informazione già impacchettata e pronta per essere digerita senza che si possa fare qualunque valutazione. Ma è qui che dovremmo entrare in campo noi singoli cittadini. Invece no. Beviamo tutto “alla goccia”. Così un giorno Gheddafi è amico del popolo italiano, un giorno è il terribile dittatore oppressivo, un giorno i politici si indignano e dichiariamo inaccettabile che in Iraq muoiano 100 persone e nello stesso momento però restano immobili davanti alle stragi del mare. Inoltre sembra anche che a noi interessi realmente quello che avviene in parlamento. Perché le informazioni che ci inviano sull’attività politica, non sono legate alle discussioni sulle riforme ma alle discussioni interne ai partiti. Ci riempiono la testa con le beghe ed i litigi delle varie fazioni politiche e ci convincono che effettivamente ci riguardano. Non si parla dei problemi da risolvere ma di chi non li risolve. Poi basta cambiare canale e tutto passa. Tutto ci sfiora e dura solo pochi attimi. Il tempo di una bevuta.

Un anziano mi disse un giorno: “Siamo un popolo orgoglioso e pronto alla rivolta ma solo se ci levano il calcio “. Ed in effetti è così. Se ci levassero il calcio, questo potente anestetico che ci consente sfogarci e di distrarre la mente, non troveremmo un motivo per restare in questa nazione. Per fortuna però dopo il lavoro ci attende la partita con gli amici, per scommetterci qualcosa su, per lavarci la mente inseguendo un pallone in tv.

Perché ci comportiamo così?! Perché limitiamo il campo della nostra coscienza e cerchiamo di vivere la vita degli altri. Attraverso la TV noi siamo un po’ politici, un po’ calciatori, un po’ donne dello spettacolo e tutto ciò lo facciamo non perché ambiamo a diventare come loro. No. Noi siamo convinti di essere già come loro. L’emulazione dei loro modi di vestire, di apparire, il loro taglio di capelli, l’essere anche noi autorizzati a fare i selfie ed ad aggiungerli alla nostra pagina facebook, sapere tutto dei loro amori e dei loro vizi, lì avvicina tanto a noi da tirarci fuori dalla realtà in cui viviamo.
Questa emulazione, ormai palesemente visibile nei più giovani, portatori incoscienti di modelli degradanti della loro personalità, non porta altro che la distruzione della persona. Quanto raccontato non vuole essere un giudizio legato all’estetica ed all’immagine poiché tali aspetti, qualora fossero realmente espressione libera di un proprio modo di vivere, potrebbero anzi essere un segno del carattere e della personalità, ma il riferimento culturale che vuole essere evidenziato è quello della riduzione (o forse distruzione!) del proprio orgoglio e della propria identità.

Il nuovo concetto è dunque: io valgo perché tendo ad essere simile a quel calciatore o a quella subrette ecc…
Non esiste più il concetto del “io valgo perché ho delle mie idee e tanto da mostrare agli altri “.
Noi Siciliani, in particolare, siamo i maestri del bluff. Siamo i più abili giocatori di poker di tutta la nazione. Riusciamo a crearci un’immagine pubblica che va molto oltre quello che in realtà siamo e possiamo permetterci. Magari siamo sull’orlo del baratro ma riusciamo ad apparire sempre come gli altri ci chiedono di essere. Abbiamo macchine degne di grandi imprenditori, borse di ultimo grido e frequentiamo i locali più in voga. Poi però lavoriamo ogni giorno per giocarci tutto in queste serate e nel pagamento delle rate dell’auto. Ne ho viste tante di queste situazioni, ne ho sorriso divertito per tanto tempo, sventando tanti finti grandi manager che poi, finita la serata, contavano gli spiccioli che restavano in tasca sperando che fossero sufficienti per sbarcare il lunario. Ne ridevo perché non riuscivo a leggere la sconfitta della nostra generazione. Si, siamo stati sconfitti, non lo ammetteremo mai, ma abbiamo ceduto il nostro tempo ed abbiamo concentrato i nostri sforzi nel vivere la vita degli altri, ubriacandoci di immagini e modelli, convincendoci di vivere una vita da copertina. Credo che ci siamo bevuti noi stessi.

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